Nascere e "non-nascere"...
senza morire
Par David Ciussi Traduzione della Dr.ssa Luciana Scalabrini
In una notte molto strana, “sognavo…” che ero una particella piccolissima nell’universo siderale, volevo “nascere”. Urlavo in un silenzio glaciale: “voglio vivere”, ma il tempo scorreva inesorabilmente. Avevo l’impressione che i secoli passassero ed ero sempre nella mia supplica: “Voglio esistere!”. Poi in un batter d’occhio, vidi miliardi e miliardi di manifestazioni della varietà della vita. Vidi il mistero della trasformazione e lo straordinario amore nascosto nei cambiamenti di forma disseminati nello spazio- tempo. Presi allora la misura inaudita del miracolo d'esistere, di ciò che vuol dire essere, apparire nel mondo, nascere sotto forma di un essere vivente. Stavo per “non- nascere”…
Quando mi sono “svegliato”, l’indomani, conservavo nel cuore il ricordo santo della mia origine istantanea, poesia delle cose dell’inizio, che si moltiplica miliardi di volte con lo stesso slancio, come se fosse la prima volta…
La straordinaria avventura della nascita poteva prendere vita e rinascere senza morire…
Quella odissea del miracolo della nascita è da riscoprire ogni mattina nel mondo detto “reale”, risvegliandosi alla resurrezione di ogni nuova giornata.
In quel semplice risveglio mattutino è contenuto il segreto del passaggio dalla nascita dell’umano e del mondo. Tutta la bellezza dell’avventura umana è ritrovare quel potenziale, risvegliarsi a quel passaggio, quello della nostra origine istantanea. Si rinnova in ogni avvenimento quotidiano perché ogni luogo contiene la propria nascita. Tutti i sensi, tutte le emozioni, tutti i pensieri e le azioni nel risveglio partecipano a questa straordinaria festa della vita: imparare a non- nascere infinitamente senza morire…
Interlocutore: Perché usate il termine “non- nascere” ?
D.C.: Ho notato che in molti amici ricercatori, la parola rinascere o rinascita induceva la paura di perdere la propria identità, la paura di perdere le proprie caratteristiche psicologiche. Anche se questo modo di pensare all’evoluzione spirituale è sbagliato, non drammatizziamo! L’evoluzione si compie in una successione di risa più che di pianti. “Nel mondo di prima”, le paure causavano inquietudine e angoscia mentre le paure trasformate procurano potenza. E’ per questo che parlo di non- nascere senza morire. Quella precisazione toglie le proiezioni o le credenze che oscurano e appesantiscono il cammino.
Quando i veli dell’ignoranza scompaiono, il reale si rivela in tutta la sua chiarezza; quando il ricercatore smarrito diventa l’esploratore felice, la sua coscienza applicata al quotidiano gli dà lo slancio della saggezza e la contentezza di interrogare la verità.
La visione della realtà l’obbliga alla sincerità, alla lucidità e alla discriminazione perché scopre il filo del suo labirinto interiore.
Il suo slancio naturale è determinato ma senza volontarismo. Fa di più che provare la gioia; la pratica.
L’esercizio delle sue azioni, pensieri, parole gli conferisce una delicatezza umana molto più fine del ruolo non cosciente del “salvatore, vittima o persecutore”.
Una nuova pedagogia dell’amore si calerà nella sua persona, il suo fare e la sua gaiezza non saranno più legati ai portafortuna, ma all’esperienza del soggetto che si emoziona per la sua presenza nel cuore di chi vive. Il corpo se ne troverà slegato, sciolto e l’energia creatrice che mette in opera gli darà la forza delle sue azioni. E’ la fine dell’identificazione al ruolo del “essere perituro”, a profitto di una coscienza costante, immortale e illimitata.
Interlocutore: Ma sembra che per la maggioranza di noi la parola “nascere” significhi: essere identificato con un corpo, con pensieri. “So che esisto, sono nato…dunque dovrò morire…” Cosa ne pensate?
D.C. Si, l’immagine che ho di me identificata con quel ragionamento mi costringe a vivere in una gabbia mentale “sintonizzata su radio sofferenza”. I pensieri e le azioni che ne derivano saranno fondate su questa sofferenza primitiva.
Interlocutore: Come non pensare alla morte dei propri cari ?
D.C. Ecco una storia:
Un vecchio che sta morendo è vegliato dagli amici in lagrime.
Apre gli occhi e scoppia a ridere.
Gli amici esclamano: “Perché ridi mentre noi piangiamo?”
“Rido perché è la paura della vostra morte che vi fa piangere”
E muore ridendo.
Senza drammatizzare, ma senza concessioni, guardiamo quel che succede quando compensate o negate l’immagine della paura della vostra morte…(risa): i giorni passano come una nostalgia o una mancanza! Il mondo è conosciuto e non offre più sorprese, è una sfilza di sepolture coi suoi pianti, le sue fatalità, le sue spiegazioni, i suoi commenti che accompagnano la morte della vita! Questo vi dice qualcosa?(risa).
Interlocutore: Se sono sincero con le mie inquietudini, si .
D.C.: E’ buon segno…, perché siete consapevole dell’immagine che vi chiude in un ruolo di “vegliardo” che ha banalizzato tutto, invece di vedere “ciò che è altro e differente”.
Se aveste coscienza di quel ruolo, potreste prendere distanza da quell’automatismo “me” e ridare vita a quel bambino stupito, gioioso, creativo, che ha l’avventura negli occhi e il cuore nella scoperta della sua metamorfosi.
Abbellire la propria vita si, cambiarla no, Sperimentarla si, pensarla no.
Interlocutore: Dobbiamo dunque morire all’immagine del falso me e del falso mondo?
D.C.: Si, e ciò significa non – nascere al mondo “conosciuto” e all’immagine “conosciuta” che ho di me per non rinchiudermi in una gabbia memoria.
Ecco uno dei primi segreti per non restare prigionieri di quella gabbia “immagine–me”, che trasforma la diversità infinita in una “flatulenza cerebrale” (risa)
Come vi sentite?
(lungo silenzio) Sento quello che dite più che comprenderlo, ma mi sento semplificato! Stranamente aperto al silenzio e ai rumori che ci circondano…
Sentite la differenza tra radio–presenza e radio–sofferenza?
Come una progressiva ritirata delle idee e dei pensieri a beneficio della contemplazione di quello che è immediato, non è vero?… Come una realtà più silenziosa, primordiale e affettuosa della nostra esistenza, prima di sintonizzarsi per abitudine sulla frequenza di radio –sofferenza.
Interlocutore: Si, come un passaggio tra l’esteriorità e l’interiorità, tra essere al riparo o essere fuori, esposti alle intemperie.
D.C.: Quel passaggio è la scoperta della gioia di essere liberi, liberi di passare da una riva all’altra, in un rapporto con il reale quotidiano come si presenta. Il risveglio a questo passaggio dinamico tra il tempo–orologio e l’ “atemporale–ora”, dà la perfezione di cui l’umano è capace.
Il passaggio tra essere vittima dei tormenti del mondo e la potenza silenziosa universale, è un ponte tra la finitezza del mondo e il suo sorgere. Questo va e vieni ininterrotto è un movimento permanente che riporta l’universo ad ogni cosa. “Ogni uno” di noi vi è invitato immediatamente. Senza prendere appuntamento!
L’essenza dell’opera umana è ritrovare questa verità. La grazia che ne segue cambia il soggetto umano in figlio glorioso della saggezza e da qui risa, modestia e libertà si impareranno e si personalizzeranno nel proprio quotidiano…
Interlocutore: Toh, si direbbe che non ho più idee, non penso più !
D.C.: Le idee vengono dal pensiero mentre le intuizioni primordiali sorgono dall’esperienza immediata. Le idee si danno così tanta importanza che attirano l’attenzione di chi parla, favoriscono l’atteggiamento irrazionale e aprono la porta a tutti i deliri.
Sentite ciò che significa per voi non-nascere delle idee del pensiero “morte” senza morire?
(silenzio)
Interlocutore: Mi sento presente, nuovo…, per niente stanco, con una forza di vivere…
tutto è nuovo! Si direbbe che sto per nascere !!!
D.C.: La vera presenza è il frutto della cancellazione rinnovata… Nessun destino, nessuna fatalità, nessun modello esplicativo, nessun a priori, nessun giudizio.
Avete una domanda?
(Silenzio) No. Sono senza domande! Vivente senza domande!
Voi siete la risposta, no? Voi siete la risposta nuova! Come una nuova vita, una interrogazione vissuta sempre rinnovata senza perché o come!
Interlocutore: Ho l’impressione di aver attraversato il muro del suono mentale… il Big bang del mistero…
D.C.: Voi siete il mistero, senza le abituali forze opposte: la domanda che aspetta la risposta. Eccovi diventato il mistero in seno al quale la domanda diventa la risposta. Una domanda si vive in sé, essa non chiede come un mendicante, si anima in se stessa, non è una mancanza. Qui non è più un interrogatorio, non si ordina in argomenti logici, è rivelatrice, innegabile, creatrice, cristallina, illuminante, gioiosa ed eclatante nella sua essenza assoluta.
Interlocutore: Ora che il tempo falso e il falso soggetto non esistono più, vorrei tornare nella storia della vostra infanzia. Quando avete avuto l’impressione di “non–nascere” per la prima volta ?
D.C.: Ora… in questo “qui”… intimo tra noi due, lì dove si cambiano i nostri silenzi in parole… (risa).
Da bambino ero felice di giocare a “si direbbe che sono David”. Ero come tutti, avevo degli amici, ma ero di più di questo. Vivevo giorno e notte in una dolce presenza intima, meravigliosamente misteriosa e protettiva. Gli avvenimenti di superficie (famiglia emigrata, povertà e difficoltà parentali) avevano poca presa sul mio ancoraggio interiore.
Le notti e i giorni erano i miei territori di gioco e la voglia di giocare e rigiocare all’interno della mia mente si è fortificato come uno slancio naturale. Ho attraversato i primi anni della mia adolescenza in quella qualità interiore perché sapevo “rientrare dentro di me”.
Poi alla fine dell’adolescenza, certe qualità di presenza sono un po’ svanite… Mi sono identificato con David adattato dalla famiglia e dalla società. Poco a poco ho perso quel contatto intimo.
Il cattivo umore, le reazioni e il corteo di sofferenze hanno fatto la loro comparsa nella mia mente. Ero diventato ribelle, proteggevo il mio ego senza saperlo! Poi, verso i 25 anni, ci fu una chiamata, una notte, ho rivisto chi ero, non era un sogno, non era un sogno… assistevo allo spettacolo della mia unità ritrovata. Dopo essere nato identificato “con l’immagine me, vita, morte”, io stavo per non–nascere senza morire illuminando il mondo della interiorità. Là cominciava uno straordinario cammino verso il risveglio…
Scoprire lo spazio del mondo interiore della mente umana dà la chiave “io sono quello”, il passaggio tra il dentro e il fuori, l’alto e il basso, destra e sinistra, il prima e il dopo.
Interlocutore: “La linfa è all’interno del grano, delle radici, del tronco, dei rami, dei fiori, del profumo. Non è questa vita che spinge l’esteriorità coesistendo infinitamente con essa stessa!” (citazione da 3ème Millénaire n.78 L’autoconoscenza unifica).
Potete descrivere più precisamente i passaggi che danno accesso a quella presenza rinascente ?
D.C.: Ecco alcune piste pedagogiche per Imparare ad imparare a non–nascere senza usare concetti di gerarchia, senza negare lo straordinario insegnamento che ne deriva!
Scoprire il passaggio tra:
il mentale e la distrazione dà l’onnipresenza;
il senso e la realtà dà il nettare della vita;
il passato e il futuro dà la potenza dell’istante presente;
le paure e la vittima dà il coraggio intrepido dell’azione;
la collera e la pace dà la gioia duratura;
l’indifferenza e la reazione dà l’innocenza dell’amore;
l’amore e l’odio dà la non –dualità;
il giudizio e il senso di colpa dà l’autonomia spirituale;
un uomo e una donna dà il divino incarnato;
io so e non so dà l’onniscienza;
Nascere e morire dà l’immortalità;
la malattia e l’essere in buona salute dà la guarigione;
la sofferenza e il dolore dà la quiete;
i lamenti e il nichilismo dà il ridere;
le cause e gli effetti dà l’invincibilità;
le forme e le non forme dà la vacuità;
il silenzio e la parola dà la saggezza;
le cose e la loro origine dà l’intelligenza pura;
due pensieri dà la sorgente del pensiero;
il giorno e i sogni dà la libertà creatrice;
il sogno profondo e il giorno dà il miracolo d’esistere;
la pagina bianca e la scrittura dà la saggezza;
la verità e l’errore danno la giustizia;
i sogni e il sonno profondo dà il risveglio.
Nascita dell’istante…
Io sono scintilla di diamante,
una polvere di vita,
un intervallo d’istante,
rinascente, io sono.
Questo passaggio non è esoterico, è
In ogni sguardo,
in ogni ascolto,
in ogni parola,
in ogni emozione,
in ogni incontro.
E’ un atto d’intelligenza pura,
è un’energia pura,
è una comprensione senza la ragione,
è un’evidenza semplice e gioiosa,
danzante, divertita, divertente.
Ciò che scoprite
Non è un oggetto
Non è uno stato
Non è uno stato
Non è una sicurezza, ma
UNA FRAGILITA’ ONDEGGIANTE
In quel cuore così intimo ma dilatato all’infinito
Io sono quella scintilla a cielo aperto
Nel cuore del quale prende nascita
La fragilità d’essere,
La fragilità di manifestarsi,
La fragilità di dimenticarsi,
La fragilità della prima volta
Quella fragilità non è difensiva,
non sa ancora pensare agli attacchi e alle difese,
è un passaggio a cuore aperto.
Il principio di rinnovamento
Di questo intervallo di grazia
Tra la nostra anima individuale e l’anima del mondo,
è un passaggio che non si imprime
che una sola volta…
Ritrovare il passaggio,
Il legame,
L’intervallo,
Lo spazio,
è il tempo benedetto del passaggio, il luogo dove la potenza dell’eternità sgorga d’istante in istante.
Qui si rinnova la matrice delle cose e dei pensieri da dove si propagano le idee.
Non è un passaggio mistico, ma un luogo
Di verità e di concretezza.
Quando lo scoprite,
Fate un incontro straordinario.
Scoprite il segreto dei segreti
Entrate nell’Ordine dei Misteri.
Il Gesto.
Quando scoprite la chiave e la serratura,
Non scoprite uno stato di coscienza,
Scoprite un gesto da fare e rifare.
Quel gesto è sempre da rifare
nello spirito della prima volta
Migliaia di volte
Milioni di volte
Miliardi di volte
E’ un gesto
divertito,
ludico,
gioioso,
semplice,
gaio,
che confida.
La buona novella.
E’ che questo si realizza sempre,
Non potete lasciarlo,
Non potete lasciarvi,
E’ un appuntamento che non potete mancare.
Vi è rappresentato
Ridonato,
Vi è offerto
E Offerto di nuovo.